Parlo spesso della mancanza di prodotto e di quanto sia pericoloso che il nostro settore non noti questo problema e anzi sostenga che escano troppi film al cinema. Questa obiezione è facilmente confutabile, non solo perché l’esempio francese (in cui arrivano anche 25 film ogni settimana, altri che i nostri 8-10) dimostra che la ricchezza di prodotto aiuta anche il numero di biglietti staccati. Ma anche perché di solito chi vorrebbe meno film è anche chi sostiene che “non si riesce a vedere tutto”, che è una delle motivazioni più assurde mai sentite (quando entrate in libreria vi lamentate che ci sono troppi volumi e che non riuscirete mai a leggerli tutti?). L’unica situazione in cui mi viene da pensare che l’eccesso di offerta sia un problema, è nei ristoranti, dove è abbastanza chiaro (anche senza aver letto Anthony Bourdain) che per proporre tutti quei piatti c’è bisogno di prepararli in anticipo e poi semplicemente di riscaldarli, magari nel microonde.
Il discorso diventa molto più complicato quando si ha invece l’impressione che di prodotto ne esca a bizzeffe o comunque in un numero importante, mentre la realtà dimostra che quei titoli sono solo apparentemente forti.
Sono considerazioni che mi viene da fare dopo aver letto l’analisi sulle wide releases (ossia i film che escono negli Stati Uniti e in Canada in oltre 1.000 copie) condotta dalla newsletter FranchiseRe. Qui sotto vedete il grafico:
A un primo sguardo superficiale, dovremmo essere felici che il numero di uscite in wide releases nel 2024 sia alto, visto che sono già state 143 (e l'anno non è ancora concluso), contro le 129 del 2023, con un confronto con il prepandemia molto buono, visto che solo il 2018 aveva fatto meglio con 152 (ma è ovviamente superabile).
Il problema è vedere (anche in percentuale) quanti di questi titoli hanno aperto nel primo weekend con meno di 3M. In effetti, sono stati 41 nel 2024, un numero altissimo se lo paragoniamo con il prepandemia, che come abbiamo visto aveva cifre simili come numero di uscite, ma sta sempre a meno della metà (non si arriva mai a 20) delle pellicole sotto i 3M di incasso nel triennio 2017-2019.
L’autore dell’articolo, David A. Gross, spiega le tre ragioni per cui i film aprono con tre milioni. Due di queste sono 'stabili' e avevano sostanzialmente lo stesso impatto anche prima della pandemia. La prima è che ci sono le "platform releases", che partono con meno schermi e poi si espandono dopo diverse settimane. La seconda, che esistono i titoli che non performano bene, che esistevano e sempre esisteranno.
Il problema è la terza ragione, ossia titoli 'deboli' e che non si attendono grandi incassi, ma escono comunque in maniera ampia, nella speranza di ottenere un risultato che lanci al meglio i successivi sfruttamenti, che magari arrivano poco dopo lo sbarco in sala, grazie a window molto brevi. E questa è proprio la categoria di film che ha visto i numeri aumentare.
Questo porta ad alcune riflessioni, alcune delle quali le fa l'autore dell'articolo e altre le faccio io. Gross si pone in effetti due domande:
Qual è il livello minimo di successo nelle sale che aiuta finanziariamente un film e ne accresce il valore prima degli sfruttamenti successivi? E un'uscita passiva nelle sale, con le spese di marketing ridotte al minimo per risparmiare, aiuta un film anche dopo l'uscita dalle sale?
La risposta che si dà è interessante: “alcuni di questi film stanno beneficiando di un'uscita nelle sale come “loss-leader”, prima di guadagnare con gli sfruttamenti successivi e raggiungere la profittabilità, mentre altri guadagnano pochissimo nelle sale e non si riprendono più”.
Detto che anche prima, in un certo senso, l’uscita in sala era da loss leader (perché i produttori e distributori difficilmente si aspettavano di recuperare il budget e il P&A speso solo dallo sfruttamento nei cinema), questo aumento di titoli ‘deboli’ che puntano a minimizzare i costi significa una cosa molto semplice (e qui veniamo alla mia riflessione).
Questi titoli forniscono un’idea completamente sbagliata del Mercato e che rischia di generare problemi. In effetti, come abbiamo visto nel grafico sopra, sembrerebbe che il botteghino americano sia pieno di titoli forti che escono, ma in realtà non è così, si tratta invece di film che arrivano in tante sale, spesso con medie mediocri e che certo non aiutano i bilanci economici degli esercenti.
D’altronde, mi sento di dire (e mi riprometto di verificarlo analizzando i dati in un prossimo articolo su Cineguru) che ci sia un discorso molto simile anche in Italia, con alcuni titoli che arrivano in un numero di copie assolutamente sproporzionato rispetto al loro valore commerciale, con medie che mi sembrano chiaramente inferiori rispetto al prepandemia. In particolare, i film d’autore (alcuni dei quali magari escono in un numero limitato di copie), mi sembra che abbiano difficoltà a ottenere medie importanti e che permettano - se non di aumentare le sale - almeno di evitare per l’esercente di smontarli.
In effetti, il grosso dramma di questa situazione è che, quando si esce in un numero di copie superiore alla propria forza commerciale, quello che avviene è ovviamente che a essere colpite sono le medie e quindi il tasso di occupazione degli spazi, che sarà molto ridotto, con gravi conseguenze per chi quelle sale le gestisce/ci investe.
Non è una situazione sana e facilmente risolvibile, perché d’altronde, se soprattutto le major limitano la distribuzione di prodotti importanti, poi è ovvio che gli spazi vuoti vengono riempiti dalle seconde file. E d’altronde non ci si può neanche lamentare con questi ultimi, perché almeno aumentano l’offerta di prodotto, che di per sé è una cosa positiva (ma con prodotti non così importanti come sarebbe necessario). Tuttavia, questa situazione rischia veramente di fare danni ai cinema e all’intera filiera che vede lo sfruttamento dei film partire dalle sale…
Ciao, Robert. Nell'articolo mi sembra esserci un'incomprensione di fondo: si parla, ed è sempre così, di sale. Invece, e te lo dico da ex esercente, sarebbe più corretto parlare di orari. Faccio un esempio: un film come quello di Segre, su Berlinguer, è ancora nelle sale ma sembra non produrre più incassi significativi. Il motivo è banale: viene programmato ad un solo orario. Condivide, cioè la sala con altri due o tre prodotti. Va poi considerato anche il fenomeno "regionale": a Napoli, tra sabato e domenica, non c'era un solo posto per "Parthenope", in nessuna sala dov'era programmato. Eppure, il titolo non figura nella top ten dell'ultimo week end. Questo perché altrove (e quindi nel computo complessivo fornito da Cinetel) incassa talmente poco da non influire sul totale. Ecco, quindi, che queste due variabili (orario e regione) contribuiscono e non poco a mantenere (quando non aumentare) la programmazione: necessaria, in definitiva, ma apparentemente ingiustificabile.