Premessa: personalmente detesto l’ananas, quindi figuriamoci l’idea di metterlo sulla pizza (anche se la versione di Franco Pepe potrei provarla volentieri). Però la metafora (qualcosa che piace all’estero ma ci disgusta), mi sembra intrigante per parlare di un problema della nostra produzione, quello di voler essere orgogliosamente locale, ma poco globalizzata. Che, di per sé, potrebbe essere anche una qualità, se non fosse che poi certe partite bisogna giocarsele nel mondo. Una di queste, è la partita delle piattaforme e in particolare quella di Netflix.
La prendo un po’ larga, ma con un esempio che secondo me ci può essere utile. Da tempo, sono molto intrigato dai titoli polacchi che escono su Netflix. Ci sono due buone ragioni, una personale e una professionale. Quella personale è semplice, sono per metà polacco e quindi mi posso anche vedere i film in originale senza sottotitoli. Quella professionale è più importante: dopo India e Spagna, la Polonia è la nazione che ha ottenuto i migliori risultati per i film in lingua non inglese su Netflix nel 2023. Per la cronaca, l’Italia è sedicesima, con un numero di ore che è meno di un quinto di quello della Polonia.
Lo dico subito: se per voi il cinema polacco può essere solo Kieslowski, Wajda o Polanski, è molto meglio che stiate lontani da questi lavori. Ne cito alcuni particolarmente interessanti:
L'amore dimenticato è un onesto melodramma d'epoca, con il classico espediente del "protagonista che perde la memoria, ma che non ha paura di nulla pur di fare la cosa giusta". Discretamente manicheo, divide nettamente i personaggi in buoni e cattivi. L’anno scorso, è stato il terzo film in lingua non inglese più visto su Netflix, dietro soltanto Nowhere e AKA.
Mother's Day sembra quasi un remake di Mother con Jennifer Lopez (in realtà sono usciti quasi in contemporanea, quindi non c'è pericolo di plagio), con alcuni elementi bizzarri (che peraltro hanno nuociuto ai risultati dopo la prima settimana).
Furioza potrebbe essere scambiato per un classico b-movie americano, in cui i rapporti personali tra poliziotti e detenuti incidono molto anche sulle loro vicende ‘professionali’.
Segnalo anche (nonostante sia una serie) Detective Forst: ne ho visto una puntata e sembra un compendio di decine di film di serial killer, soprattutto degli anni novanta (in particolare, Se7en).
Mi piacciono? A dire la verità, poco. Non c’è dubbio che la produzione italiana, che sia per il cinema o per le piattaforme, di solito si prende più rischi e sia più apprezzabile. Ma da un punto di vista produttivo, il discorso è completamente diverso. E’ quello che vuole un pubblico globalizzato e Netflix Polonia glielo fornisce.
Quindi mi pongo diverse domande, in primis: ma noi sappiamo farli i prodotti di genere? Di solito, questa domanda lascia interdetti e magari riceve delle risposte tipo “ma eravamo dei maestri nel cinema di genere negli anni settanta” (come se questo si tramandasse automaticamente di generazione in generazione nel DNA).
Quindi, la pongo meglio: “ci va di accettare le regole del genere, impararle a puntino ed eventualmente poi, solo poi, modificarle una volta che le padroneggiamo alla perfezione?”. Ecco, questa è una domanda più accurata e la cui risposta è a mio avviso semplice: no, la maggior parte degli sceneggiatori italiani non ha voglia di sottostare a delle regole. Probabilmente, in molte scuole di cinema è stato proprio insegnato loro che non ci devono essere regole e che studiare gli archetipi delle storie di genere limita la propria creatività.
Eppure, la differenza tra fare un prodotto che ottiene risultati importanti su Netflix e che invece viene presto dimenticato è proprio nel rispettare le regole. In questo caso, lo spettatore probabilmente arriverà alla fine del film, altrimenti magari molla prima. E la differenza tra un volume di produzione che funziona o meno è tutta qui, senza raccontarci leggende sulla ricerca della qualità, che oltre a essere qualcosa di molto personale, è maledettamente elusivo e comunque non si può programmare a tavolino.
Non volete mettere l’ananas sulla pizza? Va bene, ma almeno le polpettine nella pasta? Le fettuccine Alfredo? Insomma, possiamo ragionare sul fatto che una parte della produzione italiana, visto anche il volume enorme di film realizzati in questi anni (una buona parte troppo orientati al pubblico di addetti ai lavori dei Festival), almeno quella che andrà sulle piattaforme, debba puntare a un pubblico mondiale e non pensare sempre e solo agli spettatori italiani? Io direi che conviene ragionarci…