"La domanda di fondo da porsi rimane: sei disposto a sacrificare i volumi di vendita per fare maggiori utili? La nostra risposta è assolutamente sì".
Sergio Marchionne (tratto dall’omonima biografia di Tommaso Ebhardt)
Andando a vedere i dati negli Stati Uniti (e nel resto del mondo), si conferma una dato banalissimo, ma spesso dimenticato: la maniera più concreta di portare profitti ai produttori e ai loro finanziatori è quella di tenere sotto controllo i budget. Vediamo qualche esempio.
Sebbene qualche testata italiana si sia divertita a considerare in crisi Venom - The Last Dance (e i prodotti legati alla Marvel), la realtà è che, con 120 milioni di budget, il film è già a 318M di dollari nel mondo, e ha ancora un bel percorso da fare. Certo, non arriverà ai numeri del primo capitolo, ma potrebbe avvicinare quelli del secondo (506M), che peraltro poteva contare sui 32M ottenuti in Russia.
Smile 2 invece probabilmente chiuderà intorno ai 130-140M nel mondo, quindi almeno il 30% in meno del primo episodio. Flop? Decisamente no, visto che si tratta di un prodotto costato 28M. E anche il successo di Beetlejuice Beetlejuice (450M nel mondo) sarebbe stato molto diverso se il budget finale (meno di 100M) fosse stato in linea con quello iniziale (quasi 150M).
A proposito di Smile, come sempre ci sono i casi virtuosi degli horror, in particolare Terrifier 3 (costato solo 2M, possiamo stare sicuri che supererà i 100M nel mondo), Longlegs (che i 100M li ha già superati da tempo, è infatti a 109M) e The Substance (finora 43,5 milioni per un budget di 17,5M).
Il robot selvaggio dimostra quanto sia importante investire nei family e farlo in maniera razionale per i prodotti originali. Fosse costato 200 milioni, come capita ogni tanto per i film di animazione, sarebbe stato un problema, ma a 78M di spesa contro i 270M già raggiunti (do per scontato che farà meglio di 300M) porteranno a un sequel. D’altronde, se prendiamo un altro titolo importante come Cattivissimo me 4, che ha raggiunto quasi il miliardo di dollari nel mondo, vediamo come Illumination mantiene sempre dei costi relativamente moderati (e anche quest’ultimo episodio è stato fatto con 100M).
Il discorso contrario è quello di Joker - Folie à Deux. Se fosse costato come il primo film (ossia, circa 55M), gli oltre 200 milioni ottenuti sarebbero stati un bel risultato. Ma avendo un budget di 190M, se ne parla (anche giustamente) come di una forte delusione.
Questo non significa che sia sempre sbagliato investire grandi cifre. Se dovete produrre i prossimi Avengers o Avatar, è giusto e corretto avere budget altissimi. Ma sono casi rari, in cui si può star sicuri (o quasi) del fortissimo interesse del pubblico e di risultati proporzionalmente adeguati all’investimento enorme.
Quello che invece non va fatto, è la strategia di dover puntare solo su grandi eventi, senza avere la certezza che saranno veramente tali. E’ quello che sta avvenendo con la “tentpole strategy” delle major, come la definisce David Poland (che parla anche di roulette russa, etichetta a effetto, ma che trovo sostanzialmente corretta). E’ la scelta di puntare solo su grandi blockbuster (o comunque titoli su cui si hanno notevoli aspettative, come il sequel del fortunato Smile). Quando poi un Joker 2 non funziona, il Mercato si trova sprovvisto di prodotto e per una/due settimane gli esercenti fanno la fame. Come dice Poland, “è fantastico quando il modello funziona, come capitato a luglio con 1,49 miliardi di incassi, il terzo miglior luglio di sempre. Ma è orribile quando non funziona, come i 648 milioni dalle uscite di maggio, il peggior dato dal 1998”.
In Italia, per qualche strano motivo, abbiamo pensato di dover investire cifre enormi sui grandi autori, con l’idea che questo avrebbe portato a maggiori incassi in Italia e all’estero. Almeno sui risultati italiani, posso essere sicuro che - in generale - non sono migliorati. Ma temo che anche i numeri fuori dall’Italia non siano schizzati verso l’alto.
Vediamo qualche esempio di successo italiano, partendo dai tre maggiori incassi dall’inizio della pandemia. Il più importante è ovviamente quello di C’è ancora domani, con 36,8 milioni e un budget di 8,3 milioni. Solo tra le uscite di quell’anno, crediateci o meno, trovo 20 titoli sopra a questo investimento, di cui undici sono budget oltre i 10M. Complessivamente, questi 20 film hanno incassato 37,1M, quindi sostanzialmente lo stesso risultato del film della Cortellesi… a fronte però di 226,3 milioni di budget totale contro gli 8,3M di C’è ancora domani (!?!). E già solo con questo dato potremmo chiudere il discorso budget. Ma anche gli altri due maggiori risultati (entrambi sopra i 7M di euro) sono quelli di Un mondo a parte e Il grande giorno, che sono costati sotto i 10 milioni.
In effetti, l’impressione è che, a parte gonfiare qualche budget e pagarsi anche spese ingenti di struttura, il business plan di certi prodotti prestige sia qualcosa del tipo “facciamo questo prodotto d’autore, che andrà in concorso in un Festival importante e vincerà il massimo riconoscimento, poi sarà il candidato italiano all’Oscar e si aggiudicherà la statuetta, così incasserà a sufficienza per ripagarci dell’investimento”. E sì, magari il regista di questo capolavoro vincerà anche il Nobel per la pace. Ma questo, più che un business plan, significa giocare alla roulette russa. Può andare bene qualche volta. Ma, in generale, si finisce come ne Il cacciatore…