In Italia, qualche genio ogni tanto propone di far uscire meno film al cinema, ritenendo che questo migliorerebbe i conti. Il ragionamento dietro è talmente folle, che non voglio neanche commentarlo. D’altronde, bastano un po’ di numeri e grafici per far capire che, almeno dal punto di vista del cinema americano (fondamentale per gli incassi) questo sta già avvenendo in maniera significativa e con risultati negativi per il settore. Guardate questo grafico realizzato dalla newsletter Entertainment Strategy Guy:
Direi che dice tutto, no? Siamo passati da oltre 100 film all’anno a 60 negli ultimi tempi (quest’anno dovrebbero essere meno di novanta). Tuttavia, approfondiamo il discorso, perché merita, partendo da un articolo molto interessante (come solito) da parte di David Poland sull’andamento del box office americano e sulle differenze con il passato:
- Nel 2024, abbiamo avuto quattro film al botteghino nordamericano nei primi quattro mesi dell’anno che hanno raggiunto i 100M di dollari e tutti sono usciti a marzo. Solo altri 4 film negli ultimi quattro mesi incasseranno più di 50M.
Lo scorso anno, abbiamo avuto 12 film usciti nei primi quattro mesi e che hanno incassato più di 50M, quindi il 50% in più di film di successo rispetto al 2024. 5 di quei titoli sono usciti a marzo (3 di questi hanno superato i 100M), 1 a gennaio, 3 a febbraio (1 sopra i 100M) e 3 ad aprile (1 sopra i 100M).
Nel 2019, 8 film hanno incassato più di 100M uscendo tra gennaio e aprile, 15 hanno superato i 50M. Di questi 15, sette hanno aperto sotto i 44M, ma solo uno di questi è uscito a marzo. In effetti, alcuni film hanno sfruttato dei periodi vuoti di prodotto, come What Men Want (arrivato l’8 febbraio) ed Escape Room (4 gennaio), che hanno aperto poco sopra i 15M e poi hanno avuto dei bei moltiplicatori sopra il 3. What Men Want è arrivato a superare i 50M nel suo quarto weekend. Poland fa un paragone con il recente Challengers (che ha aperto con una cifra inferiore e che al momento non è detto che arrivi a 50M), facendo notare come nel 2019 nessuno si chiedeva quando What Men Want sarebbe passato in streaming (e sappiamo che come solito per un titolo MGM/Amazon Studios farà una finestra ridottissima, inferiore ai 40 giorni, quindi aspettatevelo su Prime verso fine maggio).
Nel 2019, le uscite più forti tra gennaio e aprile sono state Captain Marvel, US, How To Train Your Dragon 3 - Il mondo nascosto, Dumbo, Glass, Shazam! e Avengers: Endgame. quest’anno invece Dune - Parte 2, Kung Fu Panda 4, Godzilla e Kong: Il nuovo impero e Ghostbusters: minaccia glaciale. Anche togliendo dai conti un titolo enorme come Avengers, gli altri sei titoli del 2019 incassavano un totale di 1,1 miliardi, i quattro del 2024 invece 758M, che comunque sono un ottimo dato per questi film e dimostrano che hanno funzionato molto bene (a parte magari Ghostbusters, che ha fatto comunque un dato non indifferente).
Alla fine, Poland riepiloga il confronto con lo scorso anno facendo notare che c’erano 12 film forti invece di 8, ma soprattutto erano posizionati in maniera migliore, senza lasciare completamente vuoti i mesi di gennaio e febbraio. Insomma, non solo mancanza di prodotto forte in generale, ma in particolare in alcuni periodi. E giustamente Poland sostiene che il theatrical, vista la situazione generale, tutto sommato se la sta cavando bene, anche considerando come le major stiano limitando i rischi, non solo nei film prodotti e distribuiti, ma anche nelle relative spese di lancio.
Ma quali sono le cause di questa riduzione di contenuti? E quali ulteriori pericoli, che potrebbero provocare un’ulteriore flessione di uscite? Intanto, la riduzione di uscite causata dall’acquisto di 20th Century Fox da parte di Disney, che potete vedere in questo altro grafico (sempre della newsletter ESG citata sopra):
Basti dire che nel 2024 le uscite combinate di 20th Century Studios, Searchlight e Disney saranno 12, sostanzialmente quello che Disney faceva da sola nel 2019 (Fox e Searchlight avevano volumi molto più alti, magari per titoli più piccoli, ma comunque importanti). Quello che ha già generato problemi enormi, ma ormai non c’è più nulla da fare.
Veniamo al caso MGM. Amazon aveva promesso, al momento dell’acquisizione, che avrebbe fatto uscire 12-15 titoli all’anno nelle sale. E’ stata una promessa che non corrisponde alla realtà. Nel 2023, per esempio, abbiamo avuto diversi titoli arrivati negli Stati Uniti (sempre con finestre brevi) come The Covenant, Bottoms, Saltburn, American Fiction ed Erano ragazzi in barca. Ma questi sono tutti film che nei cinema italiani (e di altri Paesi importanti) non sono mai arrivati, esordendo direttamente in piattaforma. L'unica vera, importante release theatrical mondiale è stata quella di Creed III, peraltro andata molto bene. Quest’anno l’unico film theatrical è stato Challengers, che ovviamente, come per un altro titolo di MGM/Amazon Studios, Air - La storia del grande salto, farà una finestra ridottissima, inferiore ai 40 giorni (insomma, aspettatevi di vederlo su Prime verso fine maggio).
Ma se questa ormai sembra una situazione drammatica consolidata (anche per i ragionevoli interessi pubblicitari di Amazon), ci sono due situazioni in sviluppo che destano forte preoccupazione. Intanto, da un articolo di Deadline, leggo che Sony promette, in caso di acquisto di Paramount, di continuare a produrre e far uscire lo stesso numero di film che le due società propongono al momento, senza ridurre i volumi produttivi. Sempre sullo stesso articolo, si ricorda che Sony quest’anno farà uscire 15 titoli e Paramount 10. E’ realistico che una Sony/Paramount integrata porti in sala 25 titoli all’anno? Tutto è possibile, ma se mi chiedete di scommetterci qualcosa, mi tengo stretti i miei soldi.
E veniamo alla situazione di Warner Bros. Discovery e Comcast. Da almeno un anno (ma forse più) molti sostengono che WBD si sta posizionando per essere acquistata da Comcast. Adesso, un’offerta di Comcast su una parte dei diritti NBA, che finora sono stati gestiti da WBD, sembra andare ben oltre il caso specifico di interesse per lo sport, anche considerando che sono 22 anni che Comcast non si occupa di basket NBA. C’è chi sostiene che questa offerta di una società come Comcast, che è l’unica major al momento - con Sony - senza debiti significativi e quindi libera di agire, voglia mettere in difficoltà WBD.
In effetti, se rinuncia ai diritti NBA, si trova in una brutta posizione nelle trattative con i distributori della TV via cavo, ma anche nel nuovo progetto Spulu, il bundle online sportivo che sta mettendo in piedi con Disney e Fox. Se invece pareggia l’offerta di Comcast (circa il doppio del precedente accordo, 2,5 miliardi di dollari all’anno contro gli 1,2 miliardi precedenti) si ritrova con un investimento decennale pesante e che certo non aiuta gli obiettivi fondamentali di ridurre il debito (ancora sopra i 40 miliardi). Alla fine, in ogni caso il rischio è di un calo del prezzo delle azioni WBD, che ovviamente aiuta chi avrebbe intenzione di prenderne il controllo (magari proprio Comcast).
Ora, questi ultimi due casi (Sony/Paramount e Warner Bros. Discovery/Comcast) magari non porteranno a nulla e le società rimarranno autonome o comunque non ci sarà una riduzione di major. Tuttavia, la tentazione di queste realtà di mettersi assieme è evidente. Così come i pericoli per tutto il mondo della produzione, distribuzione e dell'esercizio…