Capire cosa ‘funziona’ e cosa no è sempre stata un’ossessione di questa industria. Legittima, ma talvolta il rischio è quello di trarre conclusioni sbagliate e troppo rigide, delle formule che magari funzionano a livello mediatico, ma sono troppo effimere per poter veramente essere applicate con successo. Mi capita ogni tanto di leggere degli elenchi di cose in cui si mette tutto e il contrario di tutto per prevedere cosa sarà un successo, in cui tutto potenzialmente può funzionare (vero, ma allora che regole sono? E a cosa dovrebbe servire elencarle?).
Una di queste ‘tendenze’ è quella dei film d’autore. Non c’è dubbio che in questo periodo ai piani alti delle classifiche italiane troviamo tanti titoli che possiamo definire d’essai e che hanno sorpreso per il loro successo. Significa che il pubblico si sia spostato verso questi prodotti? Credo che il discorso sia complesso. Partiamo da una constatazione: come dimostravano anche delle ricerche negli Stati Uniti, c’è un pubblico under 40 che sta rappresentando una quota importante negli incassi del cinema d’autore, anche per prodotti come La zona di interesse, che siamo portati a vedere come un film per un pubblico decisamente adulto. E’ una tendenza interessante e che sicuramente avviene anche in Italia, cosa positiva per un ricambio generazionale che è necessario perché questa tipologia di prodotti possa funzionare anche nei prossimi decenni.
Detto questo, conviene anche andare a vedere un po’ di dati. Intanto, gennaio e febbraio sono storicamente i film in cui da noi escono i film per gli Oscar e magari (anche prima della pandemia) non arrivavano di solito grandi blockbuster. Quindi, quello che succede in questo bimestre non rappresenta certo una rappresentazione perfetta di quello che avviene nell’intero anno.
Entriamo nello specifico e vediamo di fare dei paragoni utili. Intanto, chiariamo una cosa: Il ragazzo e l’airone va visto come un prodotto per un pubblico d’essai? Come tutti i lavori di Miyazaki, è ovviamente un film di altissima qualità, ma a mio avviso è evidente come qui la differenza l’abbiano fatta soprattutto le famiglie (altrimenti perché prima i suoi titoli non andavano oltre il milione? Non certo perché mancassero di qualità). Vediamo allora il resto delle uscite di qualità e i loro risultati:
Povere creature: arriverà vicino a 9M alla fine della sua corsa
Perfect Days: terminerà sopra i 5,5M
Past Lives: ha appena superato i 3M
La zona di interesse: visti i feriali che sta facendo, chiuderà sopra i 4M
Di questi, il dato più clamoroso è quello di Wenders, seguito da La zona di interesse. A scanso di equivoci, sono tutti risultati fantastici, che mostrano anche l’ottimo lavoro fatto da chi li ha distribuiti. Ma ovviamente è fondamentale fare un confronto con il prepandemia e cosa era uscito/aveva ottenuto tra gennaio e febbraio di quegli anni:
2019
Green Book: 10,1M
Il corriere - The Mule: 6,5M
Van Gogh: 3,9M
La favorita: 3M
Vice: vicino ai 2M
2018
La forma dell'acqua: 8,6M
The Post: 6,4M
Napoli velata: 5,8M (era arrivato il 28 dicembre 2017, quindi in sostanza è quasi un’uscita 2018)
L'ora più buia: 4,4M
Come vedete, i risultati sono molto importanti anche in quei casi. Magari, si dirà, erano più orientati verso prodotti americani (anche se un titolo come Van Gogh non era certo ‘agevole’), comunque quello era il panorama di film di qualità in quegli anni.
La differenza? Un Green Book che supera i 10M, ma aveva incassato comunque qualcosa in meno di Ralph spacca Internet e Aquaman, più vicini agli 11M. Ancora più chiara la situazione del 2018: il vincitore dell'Oscar La forma dell'acqua ha ottenuto 8,6M (al momento alla pari quindi di Povere creature!), ma era dietro a Cinquanta sfumature di rosso (14,3M), Jumanji: Benvenuti nella giungla (10,2M), A casa tutti bene (9,1M).
Quindi, il discorso è semplice: alcuni risultati attuali del cinema d’essai ci sembrano straordinari perché non ci sono titoli commerciali che fanno meglio, ma in realtà, confrontati con il passato, non sono così ‘anomali’. Cambia solo il contesto di Mercato…
In una recente newsletter, Nate Silver, analizzando le prospettive di una nuova elezione tra Biden e Trump, faceva notare come spesso si confonde la differenza tra acquisire un nuovo elettore per la propria parte e invece convincerne uno a cambiare idea, cosa quest’ultima molto più importante. Banalmente, se abbiamo dieci elettori di Trump e dieci di Biden, un nuovo elettore di Biden porta il confronto a 11 contro dieci. Se invece si convince un ex elettore di Trump a votare per Biden, il confronto diventa 11 a 9, più favorevole. Nel nostro caso, mi sembra semplicemente che il cinema d’autore mantenga i propri ‘elettori’, mentre una parte di quelli del cinema commerciale sono ragionevolmente a casa, aspettando che l’industria fornisca loro dei contenuti adeguati. E, inutile dirlo, così il sistema non può funzionare.
Aggiungo anche un’altra cosa, a riprova che spesso siamo portati a cercare solo le prove favorevoli alle nostre tesi e a dimenticare quelle che invece le mettono in dubbio. Ma un punto dove il cinema d’autore in questi ultimi mesi non sta funzionando granché, è tra i prodotti italiani. Tra metà dicembre e febbraio, sono arrivati in sala tre film (Adagio, Enea, Finalmente l’alba), tutti passati in concorso all’ultimo festival di Venezia. Complessivamente, hanno un budget di quasi 50 milioni in tre, ma hanno incassato meno di 3M di euro. Anche la recente uscita Caracas (budget: 7,3M), non ha proprio funzionato e chiuderà probabilmente intorno ai 600.000 euro (cifra simile a quella a cui dovrebbe arrivare Volare di Margherita Buy, ma che almeno è costato solo 3,2M). Questo per dire che non è proprio automatico che prodotti considerati di qualità debbano funzionare. D’altro canto, per quanto riguarda i titoli stranieri, segnalo i primi weekend di questi film, tutt’altro che sfolgoranti (e relativi solo alle ultime due settimane):
Drive - Away Dolls: 70.098 euro
Memory: 33.623 euro
Ancora un'estate: 15.431 euro
Estranei: 252.577 euro (ma peggiore media copia della top ten)
Insomma, come scrivevo sopra, il discorso è complesso. E come avrebbe detto Robert McKee, “forme, non formule”…
Grazie per l'analisi, molto bella e lucida. Che tristezza leggere certi numeri italiani.